Karate a Zibido

Nei primi mesi del 1988 il Maestro Francesco Natale apre la scuola di karate CSK Zibido, presso la palestra comunale.

CSK Zibido fa parte della FEKDA (Federazione Europea Karate Discipline Associate) e col passare del tempo sono molti gli allievi che si iscrivono alla palestra.

Lo stile da loro praticato è lo Shotokan, portato in Italia all’inizio degli anni ’60 dal Maestro Iroshi Shiraj. Il Maestro Natale fu uno dei suoi primi allievi a Milano, nel lontano 1968, a frequentare la sua palestra in Via Solari a Milano.

Seguì diversi corsi per poter diventare Maestro, tra cui il corso di arbitraggio per poter arbitrare durante le gare, sia in campo regionale che nazionale, e il corso di pronto intervento, in caso di infortuni da parte dell’atleta.

Tutt’ora ricopre la carica di Maestro di 7° DAN, arbitro internazionale, presidente del CSK Zibido e socio fondatore della FEKDA.

Porta avanti il suo insegnamento grazie all’aiuto di istruttori come Angela Turtur, cintura nera 2° DAN.

Una cosa importante da ricordare è che questa disciplina non ha limiti di età e che il karate è una disciplina, non un gioco.

Oggi intervistiamo il Maestro Francesco Natale:

Perché ha deciso di insegnare karate?

Prima di essere un insegnante sono stato anch’io un allievo. Ho iniziato a praticare il karate nel 1968; nel ’73 ho acquisito la cintura nera ed ho incominciato ad insegnare. All’ inizio avevo 3 palestre, Corsico, Zibido e Vermezzo.

A quei tempi avevo 150 allievi ma col passare degli anni ho voluto lasciare le altre palestre e insegnare alla palestra di Zibido. All’inizio c’erano molti allievi, ma poi sono cresciuti e sono andati via, e anch’io mi sono dedicato per 5 anni all’ agonismo: anni di gare e di esperienza con il maestro Shiraj.

Partecipate a molte gare, quali soprattutto?

Partecipiamo a tutte le gare della federazione (facciamo parte della FEKDA, Federazione Europea Karate Discipline Associate), ai campionati italiani e alle gare organizzate da altre federazioni.

Il nostro stile è lo Shotokan, e non ha niente a che fare con gli altri stili: è stato il primo, costituito nel 1936 a Okinawa, grazie a Gichin Funakoshi, un monaco di Okinawa. Egli ha iniziato a praticare questa disciplina perché il suo paese era invaso dagli stranieri e il popolo era senza armi: attraverso il karate la gente ha iniziato ad irrobustire il proprio corpo per potersi difendere.

Il karate non è violenza ma la perfezione di se stessi: la filosofia è di stare in pace con se stessi senza attaccare gli altri.

Io ho iniziato da piccolo perché ero chiuso e mi prendevano un po’ in giro; negli anni in cui ho praticato il  karate non ho mai picchiato nessuno, anche se sono più di 46 anni che lo esercito… mi tengo sempre lontano dai litigi.

Alla fine delle gare è soddisfatto dei suoi allevi?

Io sono sempre soddisfatto dei miei allievi, ma non glielo dimostro, perché voglio che diventino sempre più bravi: in questo modo negli allenamenti si impegnano e nelle gare danno il massimo.

In una gara ciò che conta non è  la coppa, ma confrontarsi con altre palestre; se l’allievo vince il maestro è contento, se l’allievo perde con onore il maestro è contento lo stesso, perché non si va solo per vincere, ma per partecipare e fare esperienza.

Com’è stato prendere lezioni dal maestro Iroshi Shiraj? Gli allenamenti sono stati molto duri?

A quei tempi era un massacro, perché il maestro Shiraj veniva dal Giappone, e i loro allenamenti erano molto duri. Non erano flessibili come lo sono adesso, ma veniva imposta solo la forza fisica. Anche la disciplina era dura, infatti, bastava un solo minuto di ritardo, per rimanere fuori dal tatami per l’intero allenamento: si poteva rientrare solo per il saluto finale. Inoltre c’era un grande rispetto per le cinture superiori il riconoscimento delle gerarchie… ma era così che si raccoglievano grandi risultati.

L’insegnamento del Karate è una passione, quella passione che ti permette di passare ai tuoi allievi tutte le cose che conosci; ma è anche quello che mi permette di capire ogni singolo allievo, così da esaltare ogni sua attitudine e da capirne il carattere, per aiutarlo anche ad aprirsi e lasciarsi trasportare da questa disciplina.  Il mio compito è quello di insegnare, senza insegnare la violenza.

 

Io pratico il karate da 4-5 anni, sono cintura blu e questo sport mi ha sempre appassionato. Come ha detto il maestro è una disciplina, infatti lui vuole che lo si ascolti, se no…. addominali!

Quando andiamo alle gare, anche se molto stanchi cerchiamo di dare il meglio sempre, per essere felici noi e per far felice anche il maestro.

È uno sport fantastico e vorrei diventare maestra anch’io come il maestro che ringrazio per il tempo che mi ha dedicato e per la sua disponibilità.

Claudia C. 2G

 

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